La ferrovia della miniera di lignite di Monterufoli
di Alessio Guiggi
da uno studio del Dott.Angelo Marrucci
Casa cantoniera tutt'oggi visibile lungo la linea
Nel contesto della storia mineraria del Volterrano - a
differenza di quanto è accaduto per l’escavazione di altri minerali quali rame,
piombo, argento, salgemma, alabastro, zolfo, vetriolo, allume, calcedoni, etc. -
lo sfruttamento della lignite (carbon fossile formatosi in epoche geologiche più
recenti e contenente dal 55 al 75% di carbonio) ebbe inizio molto tardi e la sua
cessazione ha lasciato poche tracce sul territorio; tuttavia vi fu una miniera
di questo tipo che, per ricchezza di minerale, spiccò tra le altre e fu,
infatti, la più importante della Valdicecina: la Miniera di lignite di
Monterufoli.
Nel 1846 la famiglia Maffei di Volterra, sulla scorta di relazioni assai
incoraggianti e soprattutto in virtù della grande diffusione di indizi
favorevoli che affioravano nei loro terreni, decisero di far eseguire
esplorazioni minerarie nella loro Tenuta di Monterufoli, un vastissimo
possedimento (oltre 4 mila ettari) che detenevano sin dal 1533 e già famoso per
le importanti risorse agricole, forestali e minerarie, ed allora noto
soprattutto per i magnifici calcedoni di cui si serviva ininterrottamente fin
dal Cinquecento l’Opificio Granducale delle Pietra Dure di Firenze.
Mappa della ferrovia
Incoraggiati dai risultati positivi e dopo aver vagliato numerose proposte, in
data 2 marzo 1848 stipularono un contratto con il livornese Enrico Coioli per il
diritto di “…escavare e far suoi tutti i minerali di qualunque specie essi sieno
e carbon fossile che esistono o possono esistere sia nella superficie sia nelle
viscere del terreno componente la fattoria o tenuta di Monte Rufoli…”. Tuttavia,
contrariamente ad ogni aspettativa, il Coioli non dette inizio ad alcuna
attività ed i lavori non cominciarono se non dopo un secondo accordo datato 25
febbraio 1854, quindi ben 6 anni dopo.
Le ricerche del Coioli inizialmente si concentrarono sulle diffuse ed evidenti
mineralizzazioni di rame della Val di Trossa, ma non disdegnarono indizi di
altro genere che portarono poco tempo dopo alla scoperta ed alla ricognizione di
un giacimento lignitifero nei pressi del Poder Nuovo, il quale si presentò
subito di dimensioni superiori al consueto e di giacitura favorevole. Scavato il
pozzo maestro, la miniera iniziò ben presto ad essere produttiva, anche se
inizialmente il Coioli vi dedicò un impegno decisamente modesto, tant’è che in
data 7 agosto 1861 i Maffei dovettero stipulare un terzo accordo, mediante il
quale diminuivano la quota loro spettante a condizione che il concessionario
iniziasse veramente una seria opera di coltivazione, unita alla costruzione di
alcune strade di collegamento.
In conseguenza a ciò, la miniera iniziò a farsi conoscere ed apprezzare oltre i
limiti locali - sia per la quantità che per l’alta qualità del carbone estratto
- e lo testimoniano ad esempio la partecipazione all’Esposizione Internazionale
di Firenze del 1861 e la menzione speciale ottenuta dal Coioli all’Esposizione
Internazionale di Londra del 1862. Inoltre alcune prove tecniche alle quali la
lignite di Monterufoli fu sottoposta, confermarono che si trattava di un
combustibile di tale qualità da poter essere utilizzato senza problemi sulle
locomotive, aprendogli così preziosi spazi di mercato. Ed è infatti dal 1863
che, stabilizzatasi la produzione su livelli apprezzabili e avviata su precisi
canali la commercializzazione del prodotto, la miniera - con circa 45 tonn. di
lignite estratte al mese - assunse un rilievo assolutamente prioritario fra i
giacimenti di combustibili fossili della provincia di Pisa.
Ponte della ferrovia mineraria
Purtroppo verso le 10,30 del 24 marzo 1864 una grossa frana
rovinò gran parte dei lavori sotterranei seppellendo tre operai: la gravità
della sciagura fu tale che s’impose l’arresto immediato di tutte le attività, a
cui però fece seguito una lenta ripresa dei lavori, tanto che si arrivò anche a
pensare ad un ulteriore sviluppo della miniera. In tal senso, oltre alla
complessiva inaffidabilità del Coioli, ci si rese conto che uno dei maggiori
ostacoli consisteva nell’isolamento geografico del giacimento, e la soluzione
ottimale per risolvere in maniera radicale il problema della spedizione della
lignite e dei collegamenti con la miniera, fu individuata nella costruzione di
una via ferrata, senza trascurare poi il fatto che la miniera stessa avrebbe
potuto fornire il carbone necessario per il funzionamento di una locomotiva a
vapore.
Manufatto in ferro che serviva probabilmente a caricare il materiale estratto sui vagoncini
Quindi, nel difficile contesto economico e produttivo in cui ristagnava la miniera, per i Maffei la questione dell’allestimento di una via ferrata andava pian piano acquistando sempre più rilevanza; ed infatti, in una lettera datata 6 marzo 1866 all’Ing. Longagnani - responsabile di una società di Parma che era in gara per prendere in appalto le saline volterrane, e che quindi aveva altresì proposto al Maffei di voler rilevare le concessioni di Monterufoli onde sopperire alla necessità del carbone occorrente alle saline, accollandosi anche la costruzione della ferrovia – Niccolò Maffei si dimostrò pronto a cedere gratuitamente i terreni di sua proprietà . Quanto al tracciato vi erano due possibilità: si poteva andare o a Casino di Terra (più vicino a Livorno e quindi più comodo per la spedizione del carbone) oppure a Ponteginori (più vicino alle saline e quindi agli interessi del Longagnani), aggiungendo: “Quando per punto di congiunzione fosse scelto Ponte Ginori, oltre il vantaggio d’essersi avvicinati molto alle saline, potrebbero ottenersi delle agevolezze dal marchese Ginori, al quale interessa che sia mantenuta la stazione del Ponte Ginori che forse potrebbe essere soppressa perché riesce attualmente di poca o nessuna utilità alla amministrazione delle strade ferrate romane”.
Resti di un ponticello
Con un susseguirsi di alti e bassi, una via d’uscita cominciò finalmente a
delinearsi nel 1868 in quanto accadero 2 fatti importanti: il primo fu la
pubblicazione di un’importante e dettagliata relazione sullo stato e sulle
effettive potenzialità economiche e produttive della miniera, che, se ben
sfruttata, valutava una produzione annua dalle 20.000 alle 30.000 tonnellate di
lignite; il secondo fu la costituzione in Livorno della Società Carbonifera di
Monterufoli, avvenuta il 30 gennaio 1869, che subentrò al Coioli nella gestione
della miniera, ed impegnandosi tra l’altro anche nella costruzione della
ferrovia, i cui lavori presero avvio nel 1870.
Scartata l’ipotesi di congiungere la miniera con la stazione di Ponteginori, si
optò per il collegamento con Casino di Terra - ritenuto economicamente e
strategicamente più favorevole per la spedizione del minerale a Cecina e quindi
a Livorno - costruendo dapprima per circa 5 km. lungo il torrente Ritasso e poi
per circa km. 10 lungo il torrente Sterza. L’intero tracciato misurava circa 17
chilometri e fu costruito su progetto Wassmuth, Fin dall’inizio funzionò con
trazione a vapore utilizzando una locomotiva da 130 cavalli trainante 26
vagoncini, che coprivano la distanza in 1 ora e 15 minuti. Per quanto riguardò
il binario fu scelto lo scartamento ordinario impiegando rotaie pesanti 27 kg.
per metro lineare, e lungo il percorso furono costruite ben 12 case cantoniere.
Aperta all’esercizio il 25 aprile 1872, la ferrovia ascendeva con un buon
andamento planimetrico quasi tutta la valle dello Sterza, presentando poi lungo
il Ritasso alcuni tratti in rilevato ed un breve passaggio incassato, aperto
appositamente nei pressi della confluenza del fosso di Malentrata. Sul tragitto
esistevano poi diversi bei ponti in muratura, alcuni dei quali sono tuttora
visibili e molto suggestivi.
Tuttavia, anche con l’amministrazione dei nuovi concessionari l’attività
produttiva non decollò, ed in breve anche la Società Carbonifera si avvicinò al
fallimento, come si evince da una missiva dell’amministratore della Tenuta,
Evaristo Zimbelli, al Cav.Maffei datata 11 aprile 1875: “…risultava che la
Società Carbonifera se non di nome era di fatto fallita, non avendo più
capitali. Attualmente si regge pagando i lavoranti e gl’impiegati col prodotto
giornaliero. Quando però sarà terminato il terzo piano, cioè tra due o tre mesi,
dovrà chiudere”. In una situazione di tal genere il Maffei decise di
aggiudicarsi l’esercizio della ferrovia, ed il contratto fu concluso il 6 maggio
1875.
Trincea della linea scavata a mano, ovvero a colpi di piccone
Il 1° giugno 1875 prese inizio la nuova gestione ferroviaria, ed in una lettera
del 5 giugno sempre dello Zimbelli si legge: “…è un affare molto serio perché
erano abituati a fare tutti a modo loro. Ho ritenuto ordinare tutto perché
altrimenti si sprecano denari e si va male. Occorre poi rimediare alla mancanza
di vagoncini…”.
In una lettera datata 14 giugno, poi, si legge: “l’esercizio della ferrovia
incomincia a procedere regolarmente. Le trasmetto copia dell’Ordine di Servizio,
l’orario è fatto in modo d’avere la coincidenza col 1° treno da Cecina e con
l’ultimo per Saline:
Esercizio Ferrovia di Monterufoli
Ordine di Servizio
1) Tutti i giorni, escluse le domeniche, dovranno essere fatti 2 treni, uno dal
Casino di Terra alla Miniera, ed uno dalla Miniera al Casino.
2) L’orario per questi dovrà essere fisso e non potrà variarsi che con ordine
del Cav. Maffei, del suo Ministro o del Gerente della Società Carbonifera.
3) Resta in facoltà dei capi stazione del Casino di Terra e della Miniera di
fare treni straordinari per servizio di merci, o materiali, senza però che
questi alterino l’orario dei treni ordinari.
4) I vagoncini di servizio alla linea non potranno servire per trasporto
passeggeri.
5) Non dovranno trasportarsi sul treno che le persone munite di Buono.
6) I Buoni per transito saranno rilasciati dal Gerente della Società
Carbonifera, dal Ministro Maffei, e dai capi stazione del Casino di Terra e
della Miniera.
7) Resta inibito il fare salire o discendere dal treno, lungo la linea, persone
non addette al servizio della ferrovia stessa.
8) Il dieci d’ogni mese saranno fatti 2 treni straordinari con partenza dal
Casino alle 5 antimeridiane e dalla Miniera alle ore 7 antimeridiane. Questi
treni dovranno portare tutti gl’impiegati della linea e perciò si fermeranno a
tutte le cantoniere ov’è il capo squadra. Se questo giorno fosse festivo, i
detti treni si faranno nel giorno antecedente.
Altro ponte della ferrovia
Il fatto però che il tracciato corresse contiguo coll’alveo
dello Sterza, sottoponeva il tratto ai concreti pericoli derivanti dalle
rovinose piene del torrente e dei suoi affluenti. Nella notte tra il 20 ed il 21
ottobre 1875, ad esempio, un violentissimo nubifragio provocò gravi guasti alla
linea, dove vi asportò ghiaia e verghe per una lunghezza di circa 500 metri;
nell’occasione gravi danni furono provocati anche sulla Cecina –Saline. Ancora
più gravi furono poi i danneggiamenti subiti dal tracciato nella notte tra il 2
ed il 3 dicembre dello stesso anno quando, come scrisse l’amministratore della
tenuta di Monterufoli Evaristo Zimbelli, “si scatenò un potentissimo temporale
che gonfiò in modo straordinario la Sterza, la quale portò via parte dei
gabbioni posti a difesa del muraglione di sostegno alla ferrovia presso la Pompa
e scalzò qualche metro di linea inondando fino alla cantoniera. Portò via tutto
il legname del ponte della Bottaccina e ne fece franare una pigna danneggiando
anche le altre. Ruppe i travi del Salitone e scalzò in vari punti la linea per
circa 900 metri portando via circa 400 mc di ghiaia e pochi metri di terrapieno
al chilometro 7”. Nel 1878, col fallimento definitivo e ufficiale della Società
Carbonifera, i Maffei decisero di assumersi in pieno anche la gestione della
miniera, ma purtroppo il destino di questa nobile famiglia volterrana appariva
ormai segnato: travolti da un’inarrestabile emorragia finanziaria, continuamente
bersagliati da furti e dagli ammanchi degli amministratori, sommersi dai debiti
e umiliati da numerosi pignoramenti, i Maffei iniziarono a perdere a poco a poco
pezzi di ciò che un tempo era stato il loro enorme patrimonio. Ben consapevole
del disastro, e ormai travolto dal tracollo finanziario, per garantire la
produzione massima di lignite - pari a 1000 tonnellate al mese - nel 1882
Niccolò Maffei affidò la miniera agli operai che però, dopo un breve periodo di
autonomia, sopraffatti dalla mancanza di mezzi finanziari, furono costretti a
sospendere ogni attività.
Il 4 agosto 1887, dopo la morte di Niccolò Maffei e non avendosi trovato alcun
acquirente, la miniera fu comprata all’asta dalla ditta Oblieght-Jungh, che
però, pur riattivandola, non la portarono più ai ritmi d’estrazione di un tempo,
tant’è che in tutto il 1892 furono estratte solo poche centinaia di tonnellate
di lignite che furono utilizzate quasi esclusivamente per alimentare la
locomotiva.
Orario di servizio della linea del 1872
Dopo un lungo periodo d’alti e bassi, di vendite e di acquisti, con
l’acquisizione nel 1914 da parte dei Conti Della Gherardesca, già proprietari
dell’area di Bolgheri-Donoratico, la miniera arrivò all’apice del suo splendore,
tanto che durante la 1° Guerra Mondiale i nuovi esercenti intensificarono al
massimo la coltivazione portandola a livelli mai raggiunti prima: 15.000 tonn.
nel 1918 e addirittura 21.556 tonn. nel 1917. E con i Della Gherardesca si
ampliò anche la gamma dei minerali estratti: infatti, oltre alla lignite, dal
1914 la ferrovia servì anche alcune cave di magnesite scoperte nel Fosso di
Malentrata e nel Fosso degli Scopai.
Ma questa ritrovata e potenziata attività non fu ottenuta comunque senza
incidenti: il 15 gennaio 1917, ad esempio, nella miniera scoppiò un incendio
dovuto alla presenza del gas grisù che costò la vita ad un operaio. In ogni modo
nel 1918 lavoravano alla miniera 231 operai, di cui 17 erano donne.
All’esercizio della ferrovia lavoravano complessivamente ben 26 addetti. Tanta
attività, però, portò ad un veloce esaurimento dei filoni, ed infatti già nel
1921 i lavori furono sospesi. Ed anche se il Conte Ugolino Della Gherardesca
continuò per proprio conto un’attività esplorativa, un grosso incendio divampato
nel 1925 decretò il definitivo blocco dei lavori. L’epoca d’oro della miniera
era finita, e a dimostrazione che ormai non vi si riponevano grandi speranze,
basti il fatto che nel 1928 fu smantellata anche la ferrovia, oramai divenuta
decisamente antieconomica e nel frattempo gravemente danneggiata da un’ennesima
alluvione dello Sterza che ne aveva imposto la cessazione dell’esercizio.
Alessio Guiggi
Ultima Revisione Pagina: 23/1/2005